SCADENZA O TERMINE MINIMO DI CONSERVAZIONE?
Come parte del Piano d’Azione UE per l’Economia Circolare è stata richiesta, dalla Commissione Europea all’EFSA, un’analisi che permetta di dare maggiore chiarezza alle modalità di indicazione della data di scadenza o del Termine Minimo di Conservazione (TMC) da parte degli operatori della catena alimentare e alla loro comprensione da parte dei consumatori.
A questo proposito è importante che gli Operatori del Settore Alimentare (OSA) seguano un approccio basato sull’analisi dei rischi quando decidono:
- il tipo di data da apporre (scadenza o TMC)
- la shelf-life dell’alimento e le altre informazioni da riportare in etichetta per garantire la sicurezza alimentare
Questo tipo di approccio dovrebbe essere parte integrante del sistema di gestione FSMS (Food Safety Managment System) che gli operatori del settore alimentare sono tenuti a sviluppare secondo l’attuale legislazione UE sulla sicurezza alimentare. Allo scopo di dare supporto a tali operatori, ed anche alle autorità nazionali, è stato pubblicato un parere da parte dell’EFSA per promuovere delle pratiche corrette e coerenti.
REGOLAMENTO (UE) N. 1169/2011
Secondo il Regolamento (UE) 1169/2011, all’Art. 9 e all’Allegato X, punti 1 e 2, si richiede che nelle etichette degli alimenti (salvo casi particolari) sia riportata una scadenza (“Da consumare entro”) o un termine minimo di conservazione TMC (“Da consumarsi preferibilmente entro il/fine”). La tipologia di indicazione sarà effettuata in base alla deperibilità dell’alimento ed in base alla possibilità che, dopo tale data, vi sia un pericolo immediato per la salute umana.
Ma, quindi, come decidere se, per un dato alimento, sia opportuno un TMC o una scadenza?
SCADENZA O TERMINE MINIMO DI CONSERVAZIONE
La decisione di apporre in un alimento una scadenza o un TMC deve essere valutata prodotto per prodotto dopo un’analisi approfondita delle caratteristiche dell’alimento, del tipo di lavorazioni a cui l’alimento è sottoposto e delle condizioni di conservazione ragionevolmente prevedibili.
Per aiutare gli Operatori del Settore Alimentare (OSA) in tale decisione è stato creato un Albero delle Decisioni (AD) (Figura 1) costituito da 10 domande sequenziali. Le importanti ipotesi alla base dell’AD sono:
- la decisione si basa sulla presenza di eventuali patogeni al termine del processo produttivo, e sul fatto che essi possano crescere o meno o produrre tossine durante il periodo di conservazione (shelf-life);
- in assenza di livelli accettabili definiti di patogeni, ogni crescita significativa durante la shelf-life può aumentare il rischio di malattia nei consumatori e risulta quindi un parametro fondamentale per la decisione;
- il riscaldamento/la cottura, prima del consumo, possono non essere sufficienti ad eliminare tutti i patogeni o le loro tossine: il trattamento può infatti avvenire per tempi/temperature non sufficienti. Inoltre, la manipolazione può comportare un rischio di contaminazione crociata post cottura;
- nel caso di presenza contemporanea di spore e cellule vegetative di patogeni, si applicano i limiti di crescita delle cellule vegetative, poiché questi, sono più ampi di quelli per la crescita e produzione di tossine di specie sporigene.
Fig. 1: Albero delle Decisioni (pubblicato nello studio citato alla fine del presente articolo) per la scelta della data da apporre in alimenti preconfezionati da conservare a temperatura controllata
Secondo l’albero delle decisioni, nel caso di prodotti che vengono lavorati in modo tale da assicurare l’assenza di patogeni, o nel caso di un prodotto trasformato che non ne permette la crescita, il rischio per il consumatore non aumenta durante la shelf-life e risulta quindi appropriata l’indicazione di un TMC.
Al contrario, se non vi è alcuna fase di eliminazione del patogeno o vi è la possibilità di ricontaminazione dopo tale trattamento e, allo stesso tempo, il prodotto ne permette la crescita, si prevede che il rischio per il consumatore aumenti durante la durata di conservazione ed è richiesta una data di scadenza.
SHELF-LIFE e CONDIZIONI DI CONSERVAZIONE
In caso di data di scadenza, la vita di scaffale di un alimento non dovrebbe mai essere superiore a quella che è la più breve tra la "shelf-life sensoriale" e la "shelf-life sicura". La prima riguarda modifiche organolettiche della qualità del prodotto, la seconda la sicurezza degli alimenti.
Quando si parla di shelf-life diventa obbligo parlare anche delle condizioni ragionevolmente prevedibili di distribuzione, conservazione e uso degli alimenti (Regolamento (CE) n. 2073/2005): queste sono le condizioni alle quali l'alimento è esposto dopo che ha lasciato l'immediato controllo dell'OSA che lo ha prodotto.
Queste condizioni dovrebbero includere un certo grado di deviazione dalle mere istruzioni, considerando le abitudini del consumatore medio, sia in fase di trasporto che di conservazione che di manipolazione dell’alimento. Attualmente non esistono linee guida generali in tale ambito ma solo linee guida per i laboratori relativamente, ad esempio, alla durata di conservazione degli alimenti pronti nei challenge test.
Per poter effettuare un’analisi che permetta di validare la shelf-life di un alimento è necessario non solo identificare i microrganismi patogeni e conoscerne la loro concentrazione iniziale, e nemmeno risulta sufficiente l’identificazione delle caratteristiche dell’alimento, quelle ambientali ed il possibile effetto dovuto alla presenza di altri microrganismi nell’alimento.
È infatti anche necessario effettuare una valutazione del comportamento di crescita dei patogeni in condizioni ragionevolmente prevedibili durante lo stoccaggio, per determinare il tempo al quale essi raggiungono i livelli massimi accettabili. A questo scopo la letteratura scientifica, i modelli di microbiologia predittiva e/o i test di laboratorio (ed in particolare i challenge test) possono e dovrebbero essere utilizzati caso per caso. Personale addestrato ed esperto con un’approfondita comprensione della microbiologia alimentare è, infine, necessario per eseguire appropriati studi sulla shelf-life.
Per maggiori dettagli si consiglia la lettura dello studio pubblicato sull’EFSA Journal al seguente link.